mercoledì 22 gennaio 2020

BOZZA


I BARISTI DI XACCA

Durante il viaggio capitava spesso di perdermi con lo sguardo tra campagne e colline,a volte c’erano avvolgenti tramonti ed altre volte sonnolenti albe.Ma quel paesaggio mi sembrava ogni volta nuovo o diverso.Era sempre un nuovo cammino da una realta’ ad un’altra,da una vita ad un’altra vita.
Il grande e lunghissimo ponte segnava il confine,nella mia mente,di quei due mondi.
Anche l’aria cambiava profumo e la mia mente si travestiva di nuovi riflessi e colori.
Mi sembrava quello un luogo realmente immaginario o immaginavo che tutto avesse un senso magico e mitico.
Un luogo avvolto da abitudini e gente mitica.
Mi divertivo a pensare questo e tutto mi pesava molto meno e la mia assenza,il mio esilio in terre lontane,sarebbe stato piu semplice.

“ohu,Luca…..ohu….arrisbiggjiati!!”
“ahi un braccio mi hai rotto!”
“Non ti svegliavi!...amuni’ scendi…”
“Aspe’ ca m’aggrancaru i ammi….”

Eravamo arrivati nel mio immaginario gran canyon dove ai lati sorgevano villaggi e palazzi misteriosi.
Li’ infondo scorgevo il grande pontile sospeso sul mare dove al momento riluceva il tramonto con una luce arancio che lo avvolgeva e lo scaldava.

“Aiutami….il signorno s’arripigghio’?
“Si aspe’ un altro poco….”
“Amuni! Pigghia sti sacchetti e stu tavolino….”

Ecco stavamo varcando il grande portone del nostro castello.Entrati nel cortile venivamo avvolti dai profumi esotici e speziati della cucina della tribu’ arabo-asiatica dell’isola Pakisland.L’ultima tribu’ della mitica discendenza dei guerrieri arabi-asiatici.Il capo tribu’ era il barbuto Said che aveva un viso da bambino ed era buffo poiche’ aveva un dente spaccato.Mi disse di averlo perso in un combattimento con un leone marino del lago Pinciolla.

-Pigghiami i chiavi nsacchetta e rapri la porta.

Ecco tirar fuori dalle tasche una grossa chiave tutta decorata e finemente lavorata con intarsiature.

Trac trac prom prom….iiiihhhh….
Dinnazi a noi l’enorme salone d’ingresso profumato di fiori delle ande occidentali.

-Aiutami a mpustari stu cartuna,mettilu allatu au letto sinno’ unni putemu catamiari
I sacchetti mettili cca,allatu u cucinino

Mi avvicinai alla cucina odorante di profumi di pietanze siciliane e spezie africane,poggiai le provviste nella larga ed alta credenza.Questo mobile aveva la capacita’ di conservare per anni,in ottimo stato,qualsiasi cibo.
Si dice fosse appartenuta ad un vecchi mago mastro lavandaio che riusciva a togliere qualsiasi macchia sulle anime e risolvere ogni problema della vita.

-Amuni’ smuvemonni sinno’ maciamu tardi
-Papa’ ma chi manciamo stasira?
-To ma’ mi retti a carni, a facemu ca ci sunnu tri fittini
-Ok buonu.U pane ce?
-Se
Quella notte il banchetto duro’ per ore e la musica si diffuse nel salone allietando la cena.

-Amuni’ astuta sta radio nca ni curcamu.
-Nia ru friddu.Va rapu ca mi scappa di pisciari…
-Ma unni vai a chis’ura?Piscia nu chiusinu fuora e ci ecchi un catu r’acqua.
-Vabbe’ spiramu un mi viri nuddu…..

Nel grande cortile si udiva solo il silenzio e le stelle rilucevano in alto,la luna illuminava la fontana chiusino donataci dall’illustre professor Baffon Piazzetta illustre saccente intellettuale di corte.
Said e la sua tribu’ riposava,poiché dalle loro finestre si diffondeva l’odor d’incenso del sacro tempio di Pinciolla.

-Chista è acqua pii mano?
Se,pigghiati a bacinella azzurra.

Il caldo e rilassante bagno concilio’ il mio sonno.

-Ohu,Ohu…susiti amuni’…..sunno i setti e miezza
-Se aspè….ora mi suso…
-Ma ogni matina accussi’ a fari!
-Camurria…….mi suso….

La strada odorava ancora di bagnato ed un profumo di mare che saliva dal giallo pontile avvolgeva tutto il canion.

-Ah ahya! Che bella jurnata! Prestu rapemu c’haiu le cannarozza sicca……Frizzantino!

Il capitano ‘Ngnaziu occhiu guercio,era un tipo sorprendentemente strano.Era un vecchio lupo di mare e puzzava di tabacco,sempre con quel sigaro in bocca.Si presentava ovunque,aprendo la conversazione,ad un ghigno allegro che frastornava le orecchie.Dicono che una volta era un piarata che solcava i mari del sud ed un giorno sbarcando sull’isola ferdinandeva rubo’ l’albero magico del tabacco alla regina dell’isola che era anche una maga fai da te.La regina per punirlo gli lancio’ un incantesimo ma non essendo esperta gli diede solo questo ghigno potente ed acuto.

-Forza forza allistemuni….

Non so per quale merito ma adesso ricopriva il compito per volere dell’imperatore di abbellitore e sistematore del regno.Le vie e tutti i luoghi erano messi in ordine da lui.Possedeva una grande carrozza con due piccoli buchi ed all’interno poteva contenere di tutto,non si riempiva mai.Gettando dentro qualcosa ne usciva profumo di mare.L’imperatore,per questo compito,gli consegno gli antichi strumenti del mestierante ordinato,un enorme cucchiao che come una calamita attirava tutto cio’ che toccava e che si poteva allargare e rimpicciolire raccogliendo di tutto ma soprattutto piu’ preziosa era la scopa dalle setole magiche donata dalla regina della Lapponia.Una scopa che attraeva da lontano ogni cosa e la trasformava in conchiglie.

-Ohu…amuni’ rapi….
-Aspe’….
-Accendo la luce e cominciamo…..

Dopo aver girato la manopolina azzurra una scarica magica partiva diffondendosi per tutto il locale facendogli prendere vita.Questo era il mio magico locale dove accoglievo e confortavo la gente del reame.
Io e mio padre eravamo divenuti i baristi di Xacca. Era un importante compito che non tutti potevano ricoprire ed i segreti venivano tramandati da padre in figlio. Mio padre un tempo nacque in questo regno ma non so perché la sua famiglia se ne allontano’ andando a vivere nel lontano principato di Iccara.
Soltanto poco tempo fa un suo lontano cugino,ambasciatore dell’imperatore,venne a cercarlo con una richiesta ufficiale da parte dell’imperatore.Non leggi mai quella lettera ma la decisione di mio padre fu quella di tornare a Xacca.

-Ahyaha,un frizzantino che assenno’ moro assoffocato!

Tremarono i bicchieri….mentre l’aria si riempiva di odore di tabacco.

-Adduma la Cimbali…..nca accumincia a quariari….

La Cimbali,la mitica giostra del gusto,l’unica macchina che custodiva il segreto dei sapori e della soddisfazione dell’anima.Il suo magico siero usciva cremosamente scorrendo nella tazza e da li’ avvolgeva tutto il locale creando un aria di pace e tranquillita’. Era questo prodotto la nostra ricetta segreta piu’ importante,il cafe’ Montano,proveniente dalle vallate della Patagonia e dalle oasi del deserto dei Gobbi che miscelato all’acqua della fonte di Caltabellotta,creava il siero piu’ magico del reame.

-Cafe’ Sig. ‘Ngnaziu..?
-No l’arringrazio sinno’ arrischia ca mi fa male d’apprima ammatina…..mi mante gnu leggiu cu stu cappucino di vinello!

Ad Iccara la nostra era una vita completamente diversa.La nostra famiglia si era dedicata ad altri compiti.
Il mestiere che si scelsero fu del tutto nuovo senza seguire l’attivita’ secolare che per tradizione si erano tramandati da padre in figlio.Li’ durante tutta la loro vita lavorarono e fecero i semplici artigiani.
Questa gente venuta da lontano negli anni si adatto a quel tipo di vita e si fece accettare ed apprezzare per le loro qiulita’ umane e sociali.Ma venne il giorno in cui il passato venne a bussare alla porta ed il proprio sangue venne a cercarli perché il loro regno aveva bisogno ancora di quella famiglia.

-Oh a squadra ora è accompreto…..offrici un cappuccino all’amico mio,ahyaha!
-Salve e buongi-giorno a tu-tutti bella gente…

-Ecco il dottor Castoro era venuto a farci visita ed aveva incontrato li’ il Capitano che lo accolse affettuosamente.Era uno strano abbinamento d’amicizia.Il Dott. Castoro era un dotto e poeta del palazzo reale,la sua era una vita abbastanza tranquilla e lenta.Usava sempre giri di parole che volteggiavano in aria colorati e lasciavano a bocca aperta ogni persona.Aveva il dono di trasformare le parole rendendole in immaggini visibili e che allietavano ogni tipo di discorso.Per queso l’imperatore lo voleva accanto a se nei discorsi ufficiali.Aveva solo un piccolo difetto di pronuncia,infatti balbettava a causa di una dura battaglia di parole intrapresa per difesa del regno.
Un giorno di un lontano doppioferraagosto il re della lontana isola Riberas volle attaccare guerra poiché la sua unica figlia era scappata a Xacca per rifugiarsi dall’amato Bentivoglio,lo scultore piu’ illustre e magico del regno.Il re ferito nell’orgoglio voleva riprendersela con la forza ma la gente di Xacca insorse bloccando con il loro corpo le armate del re.Il re non voleva macchiarsi del sangue della povera gente ed offri al vecchio imperatore Cocchiara II una battaglia ma senza spargimento di sangue,trattavasi di una battaglia di colori e parole.Se avesse vinto poteva indisturbato andare a riprendersi la figlia.
L’imperatore volle approfittare della inaspettata dimostrazione di bonta’ del re e non voleva abusare della sua pazienza che se terminata l’avrebbe portato ad un attacco violento.
Il re mise in campo il potente e misterioso paroliere Zamenoffo.L’imperatore che mai prima di ora aveva avuto necessita’ di un paroliere aveva solo un giorno per schierare il suo di paroliere.Per questo chiese aiuto al grande saggio della montagna Kronio che viveva in un grotta insieme ad un cerbiatto.Mando il suo fidato generale Villataino che in sella al magico carrozzino rosso,datogli in dono dalla ninfa del fiume Senazza,parti per il monte.Trovo il saggio dentro la grotta intento nella su meditazione.Gli chiese di indicargli il nome del paroliere che avrebbe salvato gli abitanti di Xacca.Il saggio agito’ lentamente la testa,inarcando la fronte e stringendo la bocca,le rughe si muovevano dolcemente come onde dalle arcate sopracciliari fino all’alta fronte,creando una dolce melodia che allietava l’anima.Pensava,rifletteva e disse che mai nessuno si era mostrato pubblicamente come paroliere ma che ve ne era comunque uno nel regno.
Il generale di colpo si senti come una campana colpita dal batacchio e felice attendeva il suo nome.Ma il saggio non conosceva il nome ma solamente dove poterlo trovare.Il paroliere si trovava vicino la fonte del fiume Verduno oltre le vallate Sabelle,una terra disabitata dove la gente non osava inoltrarsi.

-Un ca-cappuccino frizzantino al pu-punto giusto direi….
-Ma un cafe’..?
-No la ringrazio ta-tanto ma non vorrei arrecare offe-ffesa all’amico
-Talè fai na cosa…metti na para ri buttigghi r’acqua in frigorifero e qualchi aperitivo…
-Noi andiamo al nostro ingrato travagghiu…intanto scrivi due cappuccini nca poi passu iu,ahya!
-Va bene…
-Sa-salutiamo…arrivederci…..
-Arrivederci….
-Ma comu si fa ri prima ammatina pigghiarisi u vinu….
-Boh papa’ valli a capiri tu…..

-E bongiorno a tutti fece con la sua voce rauca appunto il Generale Villatano.
-Buongiorno a lei
-Stai spurgannu a machina…chiffa’…u primu cafe’ mu pigghiu iu mancu pi ghiccarlu…tantu bonu è….
-Come vuole….prego….Zucchero?
-No no grazie…poi si perde il gusto…
-Se lo dice lei…

Il generale era un uomo tutto da un pezzo e non si scoraggiava mai e non si tirava mai indietro.
Ed appunto quel giorno,conoscendo la delicatezza della situazione,non ebbe esitazioni a seguire l’indicazione del vecchio saggio e parti alla volta della sorgente del fiume Verduno.
Li’ avrebbe trovato il paroliere che serviva a Xacca.
Corse giu dal monte e si ritrovo’ innanzi il grande mulino e dopo di quello iniziava la vallata,inizio a percorrerla,il terreno era incolto ed abbandonato,pieno di pietre e tante piante e distante vide la faccia di un uomo che l’osservava e piu’ si avvicinava e piu’ faccie comparivano intorno a lui.Erano facce grosse e scure ma non se ne vedeva il corpo,piu’ lui si avvicinava e piu’ le faccie divenivano brutte e paurose.Si accorse presto che erano faccie senza corpo ed un lamento veniva da li’ ma non arretro’ ed non ebbe paura.Quelle faccie erano spaventose e nessuno mai avrebbe retto alla loro vista e quei lamenti stridevano l’anima.
Con la sua spada si lancio deciso su una di quelle colpendole ma la testa si ruppe’ senza nessuna reazione e senza nessun lamento e cosi’ fece allora con le altre,finche’ un urlo’ piu’ umano lo fermo.
Comparse allora lo scultore Bentivoglio che lo prego’ di smettere per non distruggere tutte le sue opere.
Ammise di aver approfittato di quella zona disabitata ed abbandonata per nascondersi con la principessa e per non farsi scoprire aveva cosparso il terreno di teste paurose.I lamenti venivano dalle capre Magrebbine del monte Kutrone al di la’ delle praterie del Tabbasi.Il generale non si mostro’ curioso dell’informazione poiché la sua pressaante preoccupazione era trovare il paroliere.Bentivoglio ammise che piu’ su vicino la fonte abitava uno sconosciuto animaluomo che comunque si era mostrato amichevole e comprensivo nei suoi confronti ed anzi lo aveva accolto con piacere mostrandosi d’accordo con la sua iniziativa.
Questo era il signor Castoro,era fuggito via dal regno poiché si sentiva incompreso dalla sua famiglia e da tutte le persone.Aveva scoperto questa sua magica abilita’ di usare le parole ma aveva paura di essere emarginato e giudicato come un qualcosa di strano e per questo era fuggito via rifugiandosi li’.Era un animaluomo semplice e timido e tanto riservato e non comprendeva l’enorme dono che possedeva.

-Come buono….?
-Megghi i nenti….
-Ma chi cè in portineria?
-Ci lassavi a chiddu chi baffuna…..ah ah ah
-Talè m’alluntanu n’anticchia,va pigghiu i cornetti…
-Va bene….
-Che apposto,chi si rici chi fimmineddi?Accanuscisti quarcuna?
-No ancora no….

Il generale era un uomo affascinante ed ogni fanciulla non poteva resistergli ma appena vide la principessa resto’ a bocca aperta e si sentii come un bambino indifeso di fronte a quella donna.Allora capii perché  Bentivoglio era disposto a rischiare la vita contro suo padre cosi’ violento ed autoritario.Voleva proteggere un fiore bello e delicato da un ingiusto destino.Ma Bentivoglio seppur per amore e per una giusta causa stava mettendo a rischio la sicurezza di Xacca e per questo gli chiese di portarlo subito dal paroliere.
Arrivati alla fonte comincio a chiamarlo e poco dopo arrivo il Sig. Castoro.Alla vista del generale inizio a tremare e le sue gambe per la paura iniziarono a correre in modo irregolare,andava su andava giu’ sbattendo contro gli alberi.Bentivoglio ed il Generale fecero una fatica disumana per fermarlo ed altrettanta per farlo calmare.Il sig. Castoro inizio a gridare tante parole confuse che riepirono l’aria di colore che quasi soffocava i due che si ritrovarono immersi in atente immagini confuse che si mischiavano addosso a loro.
Quando riuscirono a calmarlo sembravano due arcobaleni abbigliati con tanti tipi di vestiti del Grancannalevale.Il Generale spiego che l’Imperatore aveva subito bisogno di lui e che il destino di Xacca dipendeva da lui.Lui era l’unico che poteva salvarla,per la prima volta nella vita il Sig. Casoro si sentii amato ed apprezzato per quello che era,quello che lui credeva un difetto adesso era la cosa piu’ importante che un intero regno gli chiedeva di mostrargli.Tutti volevano che lui fosse e facesse quello che era.
Il sig. Castoro comincio’ a correre in maniera ordinata fino alla grande citta’ e fino al palazzo e non si accorse nemmeno di essere arrivato a gran velocita’,da solo,nella stanza dell’imperatore.
Si volto’ ed era solo,come un qualsiasi semplice sconosciuto,dinnanzi all’imperatore ed all’improvviso un mucchio di guardi gli crollo’ addosso.
L’imperatore gli senti urlare che lui era il paroliere e la stanza di colpo si riempi di colore.
Dopo aver allontanato i soldati che sembravano damigelle in festa accolse velocemente il paroliere e lo invito al suo fianco.Quel giorno lui doveva combattere per Xacca e battere il potente paroliere Zamenoffo.
Il signor Castoro rivolgendosi umilmente all’imperatore come qualcuno che stava rivelando la propria incapacita’ sapendo di deludere chi sperava in lui,disse che non aveva mai usato davvero quella sua dote ma solamente aveva tenuto sempre tutto per se.Lui da anni si divertiva a costruire magnifici discorsi che si intrecciavano ed esplodevano come tanti arcobaleni che volavano in un cielo che cambiava continuamente colore e le parole si arrampicavano una sull’altra e si univano come stupendi castelli fino ad arrivare a toccare quel cielo.Ma tutto questo solo nella sua mente e mai l’aveva condiviso con qualcuno e tanto meno scontrarsi con un altro paroliere che faceva le stesse sue cose e sicuramente meglio e sicuramente era abituato alle sfide.L’imperatore lo stava a guardare serio ed impassibile.Il signor Castoro era felice di sentirsi utile ed apprezzato ma aveva paura di deludere.L’imperatore si alzo’,si avvicino’ a lui con gli occhi nei suoi occhi e poi di colpo urlo’ con fare paterno e benevolo.Gli mostro’ la sua gamba alzando la sua veste di seta e scopri’ una gamba di legno d’avorio finemente decorata.Quella era il risultato della sua paura,della paura di deludere il padre.Lui sapeva di essere il cavaliere piu’ bravo e piu’ coraggioso del reame ma agli occhi del padre si sentiva incapace e non all’altezza delle sue aspettative,pensava che il padre pretendesse di piu’.
Per deluderlo parti alla ricerca del drago Attavolo che stava mettendo a ferro e fuoco il reame,lo colse nel suo nido sulle alture e gli strapiombi di Cammordins e davanti a lui non ebbe paura.Il drago si trovava su una delle falesie di Cammordins e lui su un'altra,lo sfido ed inizio’ il combattimento.Colpi di ali ed artigli sugli scudi,colpi di spada che toglievano squame dal corpo del drago,fiamme calde lo coprivano interamente e lui si riparava su se stesso con lo scudo,d’un tratto il drago lo colpi e lui volo su una falesia piu bassa e di nuovo il drago torno alla carica,il principe si alzo’ di scatto e con un gesto veloce del braccio lancio’ un pugno di rina da molto distante,la nuvola di rina colpi negli occhi il drago,si confuse ed ando’ sopra di lui che con un colpo di spada gli taglio’ una zampa.Le urla del drago si udirono per tutto il reame e tutto il suo dolore divenne una furia di aggressivita’ che si stava per abbattere sul principe.Da lontano arrivo’ il padre,l’imperatore,con la cavalleria a dare supporto al figlio e si preparo’ per intervenire.Il principe aveva dinnanzi agli occhi il drago che stava attaccando e non aveva paura ed il padre in lontananza che lo guardava ed egli pensava che il padre non ritenendolo all’altezza di uccidere il drago da solo voleva sminuirlo facendo intervenire altri cavalieri.Non poteva dargli ragione e deluderlo facendosi aiutare dalla cavalleria.Lui non lo avrebbe deluso,lo avrebbe uccido da solo ed adesso,avrebbe dimostrato tutto il suo valore.Il drago si preparo’ all’impatto allargando le fauci piene di centinaia di denti ed all’improvviso sputo’ una fiammata ma il principe se lo aspettava e non si mosse,copri il corpo con lo scudo e preparo la spada per il colpo,voleva tagliargli la testa e non aveva intenzione di spostarsi,voleva il drago vicino,gli avrebbe tagliato la testa prima che le sue fauci lo prendessero.Ma il drago proprio prima di afferrarlo diede un colpo di ali che fecero sbilanciare il principe che stava per cadere,ma con la spada riusci’ a trafiggere il drago sulla testa squamosa,allo stesso tempo il drago afferro’ una gamba del principe che si era sbilanciato e strise forte.
Tutti i denti penetrarono la gamba del principe che per reazione spinse ancora piu’ forte la spada dentro la testa del drago ed il drago strinse piu’ forte.Delle urla strazianti si levarono mente il padre imperatore e la cavalleria guardava impotenti sulle scogliere di Cammordins.Dopo le urla il silenzio ed il drago cadde in acqua e porto’ con se la gamba del principe che ormai stava esausto e sanguinante disteso sulla falesia con la testa penzolante.Vide solo,a testa in giu, il drago che cadeva e sprofondava in mare.Ed adesso ecco il risultato di quella sua paura,una gamba finta di avorio,finemente lavorata.Quel giorno forse non ho deluso mio padre ma ho sicuramente deluso me stesso,questo disse l’imperatore al sig. Castoro.Il giovane principe aveva paura di deludere e non capiva che davvero aveva le qualita’ per farcela nell’impresa,lui sapeva nel profondo del suo cuore che poteva farcela perché aveva davvero delle qualita’ straordinarie e uniche che voleva usare solo per il bene,a favore della gente e del suo reame.
La stessa cosa stava capitando al sig.Castoro,egli aveva qualita’ straordinarie ed uniche ed in piu’ aveva un cuore puro e pieno di bene.Non doveva avere paura ma scoprire e comprendere queste straordinarie qualita’.Se non lo avesse fatto avrebbe deluso soltanto lui stesso.
Il sig. Castoro guardo’ quella gamba e pianse sfogando tutta quella paura e timori che aveva tenuto nascosto per anni dentro se.
Uscirono l’imperatore ed il paroliere a braccetto,acclamati dalla corte e dai soldati e poi si diressero verso i confini del regno dove si sarebbe tenuta la sfida.
Il giorno di metaferragosto i due eserciti in tenuta da guerra erano uno di fronte all’altro,le truppe di Xacca shierate sulla spiaggia dei templi Rubri e in acqua la flotta di Riberas.Due alte torri di legno azzurro delle foreste della Lumia si innalzavano tra la folla e su ognuna di essa i due parolieri.
Il potente paroliere Zamenoffo faceva paura,alto e con una barba arancione che scendeva fino a terra,il volto coperto da un cappuccio verde,del colore del suo mantello,un grosso medaglione color giallo pendeva al suo collo e si illuminava di una luce rossa.Il sig. Castoro aveva degli occhialini tondi dorato e teneva al braccio due grossi libri,era vestito con una camicia bianca ed un gilet colr paglia secca ed al collo aveva un papillon rosso a pois bianchi.Entrambi aspettavano in silenzio l’inizio della sfida.All’improvviso squillarono le trombe Eustakee e Zamenoffo allargo’ le braccia,scoprendo il capo,il suo sguardo era aggressivo e sicuro ma il sig. Castoro senti’ dentro se una forza pulita e buona che non gli faceva temere nulla.Comincio’ a srotolare una serie di parole e frasi che intrecciarono significati e storie che si alzarono nel cielo riempiendolo di color marrone e nero,le parole schizzavano fuori innalzando mura robuste e torri che si ergevano su quel cielo scuro e da li’ repentino ‘ parti il sig. Castoro,stringendo al petto i suoi libri,fece scorrere parole come il miele che scivolavano su nel cielo come un fiume di profumi e caldi venti che leggeri salivano al cielo come bolle e spruzzavano l’aria colorando il cielo con tanti arcobaleni e piu’ parlava e piu’ gli accorbaleni abbracciavano il cielo e coprivano lo scuro che si era formato con Zamenoffo,le parole come cascate si riversavano nell’aria creando prati su cui si ergevano splendidi castelli che coprivano ed abbattevano le grigie mura che vi erano.Zamenoffo allora alzo’ ancora di piu’ la voce ed ando’ velocissimo lanciando parole e frasi che sferecciavano velocissime nell’aria creando rapidamente e confusamente un delirio di forme e colori che si mischiavano disordinati.Il sig. Castoro ancora piu’ si strinse gli occhi e schiaccio forte i libri sul petto ed un sorriso smagliante gli copriva il volto,le sue poesie e frasi si intrecciavano come piante in fiori sulle strutture grigie create da Zamenoffo e ne spaccavano le mura,il cielo si mise a girare come un uragano mescolando colori scuri e colori arcobaleno che creavano scariche elettriche che muovevano l’aria calda.Vi erano lampi grigi e vi erano lampi arcobaleno,i colori coprivano e smantellavano le strutture grigie ma il vecchio Zamenoffo lancio’ un urlo ed il suo medaglione si illumino di rosso lanciando un lampo che si propago intorno,il sig. Castoro corse rapido piu’ del vento ai piedi della torretta evitando il lampo rosso,la gente fuggi e l’imperatore grido al Sig. Castoro di andare via.Ma il sig. Castoro era sicuro di farcela,anzi era certo delle sue qualita’ lo guardo con questo pensiero ed ancora piu’ convinto e deciso lancio parole e frasi verso Zamenoffo,iniziando a correre intorno la torretta del vecchio paroliere piu’ veloce delle ali di un calibri’.Zamenoffo aveva riempito tutto lo spazio intorno la spaiggia di alte e possenti mura,le torri spuntavano da terreno come funghi e stringevano sempre piu’ verso il Sig. Castoro,il cielo sembrava scolare giu’.Un turbine di colore si alzo’ dal sig, Castoro che girava come un uragano lanciando frasi che si articolavano su storie dai mille significati che partorivano milioni di realta’ e centinaia di significati,fino a bucare quel cielo grigio.E mentre le grigie costruzioni stavano per avvolgerlo scoppiarono una tempesta dfi fiori e verdi piante che come un ondata colorata sfondarono quelle strutture ed il signor Castoro urlo “e vissero felici e contenti!” ed all’improvviso vi fu un bagliore che illlumino’ tutta la terra all’improvviso.
Zamenoffo venne investito da quell’immensa esplosione di colore e luce,il suo medaglione esplose in mille pezzi ed egli venne dissolto da quella luce.Il sig. Castoro cadde dalla torretta e rimase a terra.
Le navi ed il re ormai si erano allontanati impauriti dallo spettacolo e non tornarono mai piu’ indietro.
Quasi tutto il reame ed il mare di fronte erano pieni di piante e fiori ed erano dipinti da mille colori.
Il sig. Castoro era a terra con il papillon slacciato e gli occhiali rotti.L’imperatore lo prese tra le braccia e lo guardava.Apri’ gli occhi e sorrise,e la gente intorno lo acclamo’ con canti di gioia e felicita’.
Disse solo : “ So-sono feli-lice che state tu-tutti bene”
Da quel giorno fu il salvatore del regno’ ed a nessuno importava se balbettava.

-A binutu nuddu?
-No
-Ma cai fattu,nca nienti assistimasti?
Va pigghia i birri e i bacardi dda dintra,ca impustamu pi stasira…
-Se ci vado….quanto cornetti pigghiasti?
-5 cornetti e na iris…tanto capaci ca arrestano…
-Vabbe’….
-I cartuna ra birra su misi sutta u lettu…

La strada era illuminata dal sole e li’ di fronte il mare con i gabbiani che volavano sopra i palazzi.
Nel cortile vi era silenzio,non c’era nessuno.

-Amuni’ aiutami,apri sta vetrinetta frigo..
-I bacardi mettili ncapu e poi tutti i birre…

-Si ma pigghiu cavura veni chiu picca?
-Oh signor Correo! Che oggi un travagghia?
-No no oggi ce picca travagghiu e mi lassaru a casa,a casa me figghia un mi voli e vegnu attrovu all’amici…
-Ca s’assittassi….Che prende…
-Vabbè dammi na birra nca mi fa bene per la digestione,maciavi un calzone fritto….
-Scrivo..?
-Certo…scrivi ca faccio pagamento unico,è meglio…
-Si si certo….

Il marchese Correo era un nobile di corte che si era distinto per le sue doti diplomatiche durante il regno di Cocchiara I,infatti fu lui ad ottenere la pace senza alcuna battaglia e senza alcuno sforzo con il principato di Menfipalo.Era un tipo furbo e con una buona memoria,sapeva inventare storie facendole credere vere con un abilita’ che affascinava la gente che ascoltava.Quel giorno convinse il principe di Menfipalo che i territori di Reanella in realta’ erano stati donati a Xacca da un suo nonno secondo il trattato di allenza stipulato per ringraziare l’imperatore nell’intervento nella battaglia di Ponteferro contro i barbari del belicio che volevano attaccare il principato rovesciando suo nonno poiche’ egli aveva preso in moglie la figlia del capo dei barbari Margheritas che non voleva sposare il brutto e cattivo Gibbellinos.L’imperatore di Xacca allora intervenne chiamando a raccolta le truppe,anche oggi alleate di Caltabbelonittas e del ducato di Foggio.Le truppe si unirono e lottarono insieme fermando i barbari del belicio alle porte del principato ed a Ponteferro ottennero un armistizio dichiarando che i due popoli da ora in poi erano alleati e che il matrimonio dei due figli era la garanzia.Poi il padre del principe per amore della madre Rosaliella del regno di Xacca le regalo’ un immenso giardino che sorse proprio a Reanella,l’imperatore che vide il principe cosi’ felice non si preoccupo’ del giardino ma poi alla sua morte la madre,non volle piu’ andare nel giardino e per il dolore fuggi lontano verso Panormus.Adesso il figlio semplicemente cadeva in errrore poiché non conosceva cosa significava quel territorio e perché appartenesse al regno di Xacca,disse che l’imperatore voleva comunque risistemare e fare rinascere quel giardino in onore del principe innamorato e della bella Rosaliella di Xacca.
Il principe si scuso’ piangendo,ridiede i territori a Xacca e contribui’ anche per le spese di sistemazione del giardino.

-Talè fammi un cafe’..aumeno a facevo travagghiari sta Cimbali…
-Sig. Correo…vuole..?
-No no sinno mi sconza u sapuri ra birra…
-Ah certo…
-Ma sannu vistu l’amici mea?
-Se prima vinni Ngnaziu e Carlo…..
-Sunnu au comune?
-Bho mi pari di si…
-Ca cci avvicinu…lassu a birra cca…un la iccati…
-Ma diventa cavura…
-Megghiu…e chiu bona….

Il marchese Correo un triste giorno ando’ dall’imperatore annunciando di volersi ritirare.
Sua moglie era morta ed i figli non lo volevano piu’ a casa con loro,lo accusarono di aver trascurato la madre prendendola in giro con i suoi discorsi sull’amore e la famiglia mentre la sua vita girava solo sui rapporti tra i vari regni e principati.L’unico rapporto che poteva vivere sinceramente era quello con la moglie ed i figli ma non era capace di dire la verita’ dei suoi sentimenti e dei suoi sogni.
La moglie mori’ di tristezza finchè il suo cuore non si spense per il dolore.
L’imperatore gli chiese se potesse fare qualcosa per alleviare il suo rimorso ed il suo dolore.
Il marchese gli chiese solamente di poter essere l’imperatore dello scoglio dove sorgeva il faro del porto,l’imperatore dello scoglio Salato.L’imperatore non capi’ questa richiesta e gli chiese perché.
Lo faceva solo per farsi male e punirsi,poiché la sua natura ed il suo istinto lo portava solo a dedicarsi ai rapporti diplomatici tra i regni,cosi’ essendo un imperatore ma di nulla sarebbe stato costretto dalla sua natura a cercare accordi diplomatici con Xacca ma che alla fine non valevano a niente e non avevano senso,ogni volta che l’avrebbe fatto si sarebbe ricordato di come l’inutilita’ e l’insensibilita’ di quella natura abbiano distrutto l’unico rapporto vero ed importante nella sua vita.
Ogni volta che cercavo dei contatti diplomatici dovevo ricordare di quanto cieco sono stato e quanta assurda è ancora oggi la mia vita.Troppo comodo allontanarsi da tutto con una vita semplice e isolata.
Doveva ricordarsi ogni giorno la sua colpa.Visse tutti i suoi giorni in una triste punizione e campava solo per punire se stesso.L’imperatore lo vide serio e sincero per una volta,s’impietosi e con un atto pubblico gli concesse l’autorita’ e la proprieta’ dello scoglio di Salato fino alla sua morte.Lo proclamo’ allora imperatore dello scoglio di Salato.Quel faro’ fu il suo palazzo e li’ da solo scontava la sua pena ma di tanto in tanto tornava a Xacca.

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